Friday 18 July 2008

Question time with Benedetta Alfieri


Benedetta Alfieri ©

I saw Benedetta Alfieri work for the first time in Reggio Emilia this year during the festival. I was very interested in understanding more about this project that I asked Benedetta to take part in this Question time. (hopefully soon to be in English)


PH39 - In questa tua ricerca che importanza ha l`esperienza del vissuto rappresentato come assenza del corpo?
Benedetta Alfieri - Vissuto e assenza sono il binomio su cui si fonda questa ricerca sul corpo: da una parte, il vissuto è ciò che caratterizza il corpo perchè è attraverso di esso che si esiste e si vive; dall'altra, il corpo è però sottratto alla vista e quindi assente. Esistono allora delle tracce, dei segni, che dicono che qualcosa c'era, c'è stato, ha attraversato, con l'esperienza, gli oggetti fotografati. Non fotografo nuovi ed intonsi abiti, scarpe o "arredi corporei", come sono stati chiamati in diverse occasioni; non faccio fotografia di moda, anche se mi è capitato, e non propongo oggetti contestualizzati che lanciano modelli di vita e immaginari a cui tendere. Mi interessa l'oggetto consumato dall'uso, non necessariamente consunto, ma comunque usato: il vissuto mostra sempre dei segni, anche se a volte impercettibili o delicatissimi. L'esperienza del vissuto è allora fondamentale in questa ricerca: un paio di scarpe fotografate mostrano tagli, macchie, piccole deformazioni, stringhe usurate, modi di annodare i legacci, ecc. Attraverso l'osservazione di un paio di scarpe fotografate, si possono conoscere caratteristiche e vicende del corpo di un essere umano che non si vede.
PH39 - Il corpo evoca l'assenza attraverso le tracce che ha lasciato, raccontaci chi sono state queste persone.
B A - Le immagini esposte a Fotografia Europea sono tutte inedite e costituiscono uno sviluppo della ricerca che porto avanti da qualche anno. L'esordio è stato l'analisi di oggetti provenienti dall'ambiente familiare; in questo caso, invece, gli oggetti fotografati appartengono ad amici e rappresentano dei ritratti, quasi delle carte d'identità. In mostra ci sono indizi precisi, anche se forse silenti, del fatto che le fotografie rimandano a persone in carne ed ossa: nelle didascalie sono indicate infatti le iniziali di nome e cognome, l'anno di nascita e la misura, espressa in cm, del piede della persona ritratta; vere e proprie tracce d'identità considerando che oggetti quali le scarpe raccolgono l'impronta, la gravità, l'incombenza del corpo, la sua simmetria o asimmetria, il suo equilibro e ancora il movimento, il modo di camminare e muoversi nel mondo. Per Reggio Emilia il progetto fotografico si è inscritto in un contesto molto particolare dove già preesistevano altre opere: si è creato così un intervento site specific, un pò ironico, dove diverse opere pittoriche di Cesare Detti sono state scelte per essere abbinate alle fotografie de Il passo negato; in questo modo, si è aggiunto un ulteriore significato alla ricerca, quasi a suggerire che i personaggi ritratti nei quadri, siano usciti per un attimo dalla loro sede per farsi una passeggiata nella contemporaneità e rietrando nei quadri, si siano levati, per educazione, le scarpe.



Benedetta Alfieri ©

PH39 - Nei tuoi lavori i soggetti vengono quasi decontestualizzati su sfondi bianchi, e` un processo che aiuta la soggettivita` dell' oggetto?
B A - Forse sì. Anche se, inizialmente, parlerei di "oggettività dell'oggetto". Mi spiego: la ripresa, il fondo, l'illuminazione, la scelta dei materiali concorrono affinchè l'oggetto si veda con la miglior resa; l'evidenza e la naturalezza, ma anche l'assolutezza, finiscono per creare un'atmosfera di "oggettività", di pretesa oggettività, perchè siamo di fronte a deliberate scelte di linguaggio. Tale pretesa oggettività finisce per favorire una fortissima soggettività, dove gli oggetti riescono a raccontare di soggetti, dove gli oggetti finiscono per dire molto di più di quello che ci si aspetterebbe da loro.
PH39 - Gli oggetti che fotografi hanno loro stessi delle memorie, sono parte di un percorso narrativo?
B A - Gli oggetti fotografati sono già di per sè dei racconti perchè, attraverso caratteristiche e particolari, narrano della loro storia e della storia di chi li ha portati, di chi li ha abitati. Molto spesso, inoltre, questi oggetti hanno tra loro dei rimandi, cromatici o di forma, che corrispondono a legami, relazioni tra le persone. Esistono, in questo universo di oggetti proposti fotograficamente, dei livelli di lettura che vanno dall'elementare considerazione che siamo di fronte a degli oggetti, all'immaginazione della storia che sta dietro agli elementi che li costituiscono, alla costruzione di relazioni tra l'uno e l'altro.
PH39 - I tuoi lavori rispecchiano le dimensioni reali dei soggetti, che importanza ha per te questo rapporto di 1:1?

B A - La dimensione reale ha una notevole importanza: è un elemento di linguaggio, una scelta precisa. Gli oggetti che fotografo ripropongono con esattezza le misure degli oggetti reali. Anche se è ormai banale esplicitarlo, una cosa è un oggetto, una cosa è la fotografia di quell'oggetto: riproposti in 1:1 i soggetti delle fotografie finiscono per avere un effetto straniante, quasi non li si riconoscesse più come oggetti.

1 comment:

Anonymous said...

When in english?